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      Il quale si leva quasi a principio delle così dette volte, là dove la strada si fa più ripida per arrivare al sommo. Di un semplice arco, ha un'altezza di circa sei metri, sul pelo ordinario dell'acqua, che passa di sotto fremente e precipite; lungo quasi otto metri, una volta era pericoloso ai passanti, specie di notte, perchè sprovvisto di parapetti. E appunto si crede che tal denominazione gli sia pervenuta dal misero e pericoloso suo stato, avendo il comune speso per la costruzione la meschina somma di cinquecento lire. Altri invece sostiene che il nome gli sia stato imposto dalla selvaggia solitudine del luogo, che, massime ne’ tempi andati, parea invitare di preferenza i lupi, allora non rari, a dar la caccia a’ passanti. Onde sorse qualche storiella, che non mette qui conto d'esser narrata. Quanta differenza da que’ tempi a’ nostri!
     
      In passato, i prodotti del territorio bastavano a mala pena a’ bisogni del vecchio borgo, il quale - come al presente - traeva la sua maggior ricchezza dal frutto degli olivi, cioè dell'olio, che in parte era spedito in Francia e in parte si trasportava in Piemonte. Allora, le vie di comunicazione difficili, o non esistenti affatto: la Cornice non formava ancor la delizia dei viaggiatori - touristes, - in ispecie inglesi; e questa dell'Appennino od Alpe, un orrore. Taluno dei benestanti e più audaci nostri vecchi, caricando su’ muli l'olio in otri, dette pelli, saliva per questa strada a Bardineto, donde per Calizzano seguitava alla volta di Massimino e Bagnasco, scendendo a Ceva, quando, piegando a sinistra, non aveva preso la via di Garessio.


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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze
1900 pagine 256

   





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