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      Felice appien se un dì sull’erto monteL’intonso dio, cui la mia gloria affido,
      Del sacro allor mi cingerà la fronte.
      BURATTI.
     
     
      I.
      Pantalone ed Antonio Buratti - Petronio e le sue vanità - Nascita di Pietro - Bigotteria della madre - Gioca all’altarino e risponde messa - Pietà di Francesco Negri - Il Casino della procuratessa Mocenigo - Impara a verseggiare da un gesuita.
      Il Goldoni ha incarnato il tipo del mercante veneziano in Pantalone, vecchio di rigida integrità, come ce ne sono sempre, e ricordiamo anche noi d’aver conosciuto; di quegli uomini che tutti i tempi e tutti i paesi hanno chiamato e chiamano tuttavia di antica tempra, con poco onore, diciamolo pure, delle tempre nuove. A Pantalone somigliava appunto il banchiere Antonio Buratti, che fioriva a Venezia sul principio del settecento. Onesto e laborioso, era nato a Bologna dove teneva tutta o parte della sua famiglia, e in pochi anni avea potuto accumulare una pingue fortuna. Gli succedette il figlio Petronio; ma questi con Pantalone non aveva proprio nulla a che fare.(1) Portato in fasce a Venezia e cresciuto in mezzo ai piaceri, il buono e sano lavoro lo annoiava terribilmente. Un po’ d’abbaco per contare i zecchini e tutto al più un po’ di pratica nel far la sua firma, niuno al mondo lo seppe capace di altro, se non forse di cenare alla notte con un paio di ballerine, di spendere migliaia e migliaia di lire in un vestito, in ciondoli, in merletti, in catenelle, e di far pompa da per tutto delle sue ricchezze, e di un presunto blasone.


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Il principe dei satirici veneziani Pietro Buratti
di Vittorio Malamani
Tipografia dell'Ancora Venezia
1887, pagine 115

   





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