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      Ma questi successi letterari non valsero punto a rimuovere od a scemare il crudele positivismo paterno, e un bel giorno fu costretto a lasciare in asso i cari studi per darsi tutto al commercio. Il signor Petronio voleva così, e bisognava obbedire. «Eccomi dunque» - esclama la vittima - «a diciannove anni condannato al barbaro uffizio di copiar lettere, e di languir fra le noie degli esecrati misteri».(7) Condizione dura davvero, che poi descrisse in versi bellissimi.
      Tropo zoveneTolto in mezà(8)
      Su banco ignobileGera puzà,(9)
      Dove a l’ufizioPoco ideal
      De copiar letareSora un messal,
      S’univa l’obligoPiu assae vilan
      D’esser in praticaDe can guardian,
      Pronto mostrandomeA farme onor
      Co al primo strepitoDel bataòr(10)
      Doveva storzerme,(11)
      E da cogion
      Tirar el zogolo
      De un vil cordon.(12)
      E gho a memoriaChe nel mio interno,(13)
      Rotto la buzzera(14)
      Da sto bel terno,
      Fra el copia letareEl banco e mi,
      Sfogo al lunario(15)
      Dava cussi:
      - Per Dio santissimo,
      Gh’è mò razonChe a son de tàlari
      Sia qua in preson,
      E che ne l’infimoPosto se méta
      Un fio che l’animaGh’ha de poeta? -
      Ma el soliloquioMio liberal
      No dava treguaA tanto mal,
      Chè el sior Petronio
      Gera un signorIremovibile
      Per conto cuor;
      E se mi in estasiNo me acorzeva
      Che a colpi rapidiQualcun batèva:
      - Dormiu sior tangaro? -
      El me zigava,
      E mi da l’estasiMe desmissiava.(16)
      Si stenta a credere, eppure è un fatto che durò in questa vita dai diciannove ai trent’anni, durante il quale periodo, per legge di compensazione, percorse «tutta la trafila delle umane follie, rovinando e la salute e la borsa, con la perdita ai giochi d’azzardo - amarissima ricordanza!


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Il principe dei satirici veneziani Pietro Buratti
di Vittorio Malamani
Tipografia dell'Ancora Venezia
1887 pagine 115

   





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