Santo Dio, non sanno tutti cheNon v’è cosa peggiore
Che in vecchie membra pizzicor d’amore?
Ma il Buratti aveva il difetto stesso di Byron e di tutte le femmine, di non saper custodire un secreto; enorme difetto che gli procurò amarezze e dispiaceri infiniti.
Sotto un certo punto di vista fu un bell’esordio per un poeta satirico; bello per lui ma terribile per certi altri, i quali penso dovessero dire: se costui non risparmia neppure suo padre, che cosa farà di noi? Infatti da quel giorno le satire si succedettero con prodigiosa fecondità; il suo genio si rivelò fulgidissimo; gli amici ne rimasero sbalorditi; i nemici tremarono; la gente colta ammirò, e Francesco Negri, il protettore della sua fanciullezza, gli diresse un’epistola, che non è ancora stampata. Eccone un brano:
Garzon felice! A te destro sorriseIl santo coro d’Elicona, e lieto
Al nascer tuo baciotti in fronte Apollo.
Minerva in grembo ti raccolse e il visoDe’ suoi fiori ti sparse Aglaie bella.
Indi: cresci - ti disser - cresci, o vagoFanciullo, e fa che in sulle venet’acque,
Più che l’ingenua culla, e gli agi, e l’amplaFortuna, caro altrui ti renda il dotto
Ingegno, i bei costumi e gli aurei studiE lo spirto vivace, e l’arti mille
E i mille don di cui larghe ti fummo.
Tu omai crescesti, e omai co’ tanti pregiOnde se’ ricco, l’anime seguaci
D’ognun ti rendi, e degli eguai lo stuoloTe sua delizia, te suo fregio appella;
Nè molto andrà che a più soavi affetti,
Benchè costanti meno, esca porgendo,
Su te vedrai le cupide pupilleVolgere o calda verginella o sposa,
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Dio Buratti Byron Francesco Negri Elicona Apollo Aglaie
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