Di sè troppo secura; ed or loquaciSogghigni, or lagrimuccie industrïose,
Or cari sdegni mal mentiti ad arte,
Or sospir tronchi i tuoi trofei saranno.(26)
Veramente il Buratti non avea manco la lontana idea di ammogliarsi, perchè, ripeto, le avventure galanti gli fioccavano da ogni parte, ed egli non sapea comprendere il matrimonio che come una giubilazione, un forzato ritiro dalla scena del mondo. E pensava: perchè non godere largamente la vita finchè si può, perchè non raccogliere i suoi pochi fiori fin che sono freschi? Già gli anni incalzano, e la triste vecchiaia ne sta sospesa sul capo come la spada di Damocle. Godiamo, e quando la natura impigrita risponderà male all’audacia del desiderio, e sarà prossima l’ora di scontare i vecchi peccati, rifugiamoci nella pace del matrimonio; così, vissuti per la donna, potremo dire di conoscerla intieramente: negli anni belli gaia ministra d’amore, nei brutti angelo di carità. Bisogna essere giovani per apprezzarla nella prima maniera; bisogna essere logorati, o molto maturi, o vecchi, per comprenderla nella seconda.
Non frequentava le conversazioni, che in quel tempo numerose fiorivano, perchè in un salotto, fra gente ammodo, si annoiava cordialmente. Ciò non gl’impediva per altro di conoscere e di avvicinare le dame più note per spirito o per bellezza, e se gli andavano a genio, di corteggiarle e d’amarle. Il Ridotto, la maschera, i casini, i caffè, si prestavano a maraviglia a questi incontri felici. Diventò cavalier servente della contessa Teresa Porzìa, e la chiamava dama incerta perchè avea una gamba più corta dell’altra.
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Buratti Damocle Ridotto Teresa Porzìa
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