Godette l’intimità della contessa V... nata M... e si recava sovente a visitarla nella sua villa sul Brenta. Le chiacchiere andarono fuori, perchè già queste cose non stanno celate - pare impossibile! - che ai mariti, e la famiglia Buratti se ne impensieriva, e temeva d’incontrare una volta o l’altra, per cagione di Pietro, qualche gran guaio. Il padre lo prese un giorno a quattr’occhi, lo informò delle voci che correvano, gli fece un gran predicozzo, e gl’intimò di lasciar su due piedi la contessa V... del cui marito voleva rimanere amico.
- Se altro non volete, caro padre - gli rispose imperterrito Pietro - sappiate che la contessa non l’amo più...
- Come? non sei suo cicisbeo?
- Lo ero!
Per lui mutar d’amante o d’abito era lo stesso.
Il padre lo rimandò, riserbandosi ad assumere informazioni. E seppe infine che il figlio, stanco del primo pomo, ronzava intorno ad un altro più fresco e saporito, in figura di certa Vittorina, seconda moglie del nobil uomo Jacopo Foscarini. Montò sulle furie: quel diavolo di figliuolo andava a scegliere proprio le mogli dei più cari amici di lui! Che fare? Comunicò la cosa alla signora Vittoria, la quale, inorridita, invocò la Madonna dei sette dolori, e per salvare l’anima del suo Pierino, lo mandò a Conegliano. Era sul principio d’autunno. Gli amici di colà gli saltarono intorno.
- Oh Buratti! Che buon vento vi porta?
- Son venuto quì a far la cura dell’uva!
Infatti, trabalzato così repentinamente dalla romorosa e spensierata Venezia a questa vita coneglianese, vita d’acqua palustre, altro non seppe trovare di bello e di buono che i grappoli d’uva.
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