Il sangue, invece di montargli alla testa, gli discese tutto alle calcagna, e tale fu l’impeto della discesa, che il pover’uomo, incapace di tenersi ritto e di profferir verbo, si pose a sedere... e ad ammirare! Il Buratti se ne andò tranquillamente pei fatti suoi. All’indomani a San Marco trova il nobil uomo. Servitor suo, gli fa questi levandosi tanto di cappello; venga a casa mia che mi farà sempre un piacere. Ma non era un piacere pel Buratti, come non lo sarebbe per nessuno, corteggiare la donna di un altro col suo permesso, e sta bene; se però questi era stato prudente e non avea voluto ricorrere alle armi, perchè con le armi si può farsi male ed anche ammazzare, si doveva ricambiarlo almeno con un pudico silenzio. Signor no: la novità del caso parve al Buratti così strana e piccante, che non fu tranquillo fin che non la narrò in pieno caffè agli amici, i quali, naturalmente, ne fecero le più crasse risa del mondo. E lui si pavoneggiava in mezzo ad essi, e si compiaceva come d’una gran bella cosa. Ma l’indomani, impensierito della gran diffusione dell’aneddoto, più per la donna compromessa che per le conseguenze che ne potevano derivare, si pentì della sua indiscretezza, e fece serio proponimento a sè stesso di correggere il brutto difetto. Ma sì! A quarant’anni confessava in un brindisi:
M’ò volesto mò provarSe capace son de far
Un’azion in vita miaSenza dirlo a chi che sia.
Son po ancora zovenoto,
Posso torme sto difeto;
Oto lustri no xe in fondoOto secoli de mondo;
No me vogio desperar,
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