Credeva fermissimamente alla riabilitazione delle donne perdute, e ne avea levata una dal gineceo, la quale abitava seco, insieme alla immancabile Perpetua, e il suo più bel sogno era quello di vederle in pace e contente; ma la fama non dice se le vide mai. Pativa inoltre di sonnambulismo, e strani racconti correvano per il paese delle sue misteriose scorrerie notturne. Come resistere con un originale di tal fatta dinanzi; come ricordarsi del Commissario di Polizia; come arrestare l’impeto della vena, la quale pareva non dover essere mai stata più limpida e fresca? Bruciasse il mondo la secondò, e per quattr’anni continui Don Domenico Marienis fu il soggetto principale delle sue mordaci risate a mensa, presenti i commensali e il buon prete medesimo. Costui dapprima sorrise, non intendendo probabilmente nulla; poi, quando un filo di luce gli rischiarò la nebbia dell’intelletto, fece timide proteste, che aumentarono l’ilarità generale. Qualche volta però, ferito al vivo - e per ferirlo al vivo era duopo suonargliele grosse - minacciava di sfogarsi coi bicchieri e coi piatti. Allora il poeta, per non recare un danno ai padroni di casa, nascondeva uno scudo nella tabacchiera, offriva al reverendo una presa, e i piatti e i bicchieri erano salvi.
In capo a quattr’anni quest’umile servo di Dio fu promosso - diceva lui - dalla cura di Pezzan di Melma all’Economato di Mazzorbo, isoletta delle lagune, deserta quasi come una terra polare. I poveri pescatori viventi colà lo accolsero come un inviato celeste, e non andò guari che scopersero in lui certi talenti per la predicazione, che egli stesso ignorava d’avere.
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