.. Punto scosso il poeta da questa minaccia, colse un’occasione favorevole per offrirgli una presa di rapè, con due scudi nascosti invece di uno, e il dardo partì.
Mentre il Buratti rideva di questo pover’uomo, a Venezia accadde un fatto straordinario di un’elefante. Dissi un elefante, ma poteva essere anche un’elefantessa. I cronisti non si accordano sul sesso. Ma generalmente quando si parla di bestie, si usa battezzarle per maschi, e questo non mi par gran male, perchè sono loro che hanno interesse a distinguere il maschio dalla femmina, e non noi. Un bellissimo elefante, dunque, il quale costava al suo padrone - certo Garnier - una ventina di mille lire, nel carnovale del 1819 fu condotto a Venezia ed esposto in un casotto sulla Riva degli Schiavoni. Molta gente accorse a vederlo, e ognuno usciva maravigliato della sua intelligenza. Passò il carnovale e venne il marzo. I tepori primaverili, risvegliando in lui l’istinto amoroso, gli cacciarono addosso un’irrequietezza strana, una smania, che lo rese intollerante di freno, selvaggio. La gente, intimorita - ci vuol tanto poco a intimorire la gente! - cominciò a mormorare; la Polizia s’interpose, e ordinò al Garnier, il 15 di quel mese, di andarsene con l’elefante entro ventiquattr’ore. Fra le undici e la mezzanotte, cosa insolita, i balconi e le vie circostanti al casotto brulicavano di curiosi, e il canale d’intorno di gondole, di barche, di battelli, gremiti specialmente di signore. Dinanzi al casotto stava un ponticello di travi inclinato verso una grossa chiatta, destinata al trasporto dello strano viaggiatore; il quale per altro non aveva alcuna intenzione di partire.
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