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      Dalla gioia di essere nominato da Byron, poco mancò che il conte non fosse colto da sincope, e, onde far sapere a tutto il mondo l’onore toccatogli, tradusse e fece stampare in molte lingue il madrigale predetto, e lo divulgò, mutando per altro la prosaica parola appetito in quella più aristocratica di buonumore. L’accorta cambianza non isfuggì al Buratti. Colse la palla al balzo e tradusse in dialetto il madrigale byroniano, riveduto e corretto dal signor conte, così:
      De graziete el to modèloSia la Mama, bel putèlo;
      I talenti del Papà
      In ti cressa co l’età;
      E per salsa e contentinRoba a Rizzo el so morbin.
      E sottosegnò morbin (buonumore) appunto come ho fatto io. Quindi, a guisa di commento, rivoltosi al bimbo lo consigliava di non dar retta no al Byron, che peggiore modello del conte non poteva proporgli:
      Guai per ti se ti somegiA quel conte poliglota;
      Byron xe persona dotaMa no ’l leze a l’omo in cuor.
      El morbin del conte Rizzo
      L’è un morbin averto assae;
      L’è un morbin che in ste palaeGha ai tragheti el barcariol.
      E quì faceva del conte un fosco ritratto, e conchiudeva gli avvertimenti dicendo:
      Dormi, caro, dormi in pase,
      Ma del Lord el terzo votoCredi pur che no l’è un loto
      Da augurarte, bel bambin.
      Da quà un ano un tomo in sfogioTe preparo sul sogèto,
      Perchè mai te nassa in pètoVolontà de quel morbin.
      Il conte si mordette forse le labbra di non essersi accontentato de l’appetito, e non so come Byron prendesse la cosa. Probabilmente rise di gusto, perchè stimava molto il Buratti, e lo aveva ricordato anzi in una nota del Marin Faliero.


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Il principe dei satirici veneziani Pietro Buratti
di Vittorio Malamani
Tipografia dell'Ancora Venezia
1887 pagine 115

   





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