Come tutte le altre satire, anche questa procurò al poeta qualche nemico di più. I nuovi si univano ai vecchi, e ronzavano intorno a lui come mosche intorno a un cavallo, con tale una rabbia, un accanimento, da non potersi credere. Lo insultavano, lo dilaniavano in privato e in pubblico, ma sempre sotto la vigliacca maschera dell’anonimo, perchè sapevano bene di non commettere un’azione onorevole.
Stacco alcune strofe di una satira che lo mostrava in caricatura:
Pute Vinegia dei nefandi fattiDel mostro iniquo, e ognor vi può gradire
Ch’io prenda a maltrattar Pietro Buratti.
Del suo morale e fisico vo’ dire,
Ridicoli difetti e pecche molteCh’egli andrà sorpassando in avvenire.
Ha chiome bionde innanellate e folte,
Ma intorno alla più nuda e vacua testaGli fur dall’arte menzognera accolte;
E il parrucchier, che fe’ più non gli presta,
D’assai parrucche ripetendo il saldo,
Il calvo Mecenate invan molesta...
Ha gli occhi mezzo vivi e mezzo spenti,
Bigi, torti, cisposi, annuvolati,
Con aggrinzate palpebre cadenti.
Gli pende il naso assai dall’un dei lati,
Sotto gli s’apre un livido bocchino,
Vaso insigne d’odori prelibati;
E tutto insieme il volto è sì meschino,
Che al corpo suo meschin tanto convieneChe il fe’ soprannomare Burattino.(120)
Se v’ha chi il guardi poi dietro alle schiene (sic),
Che male ei regge sulle storte gambe,
Un gobbo, un goffo, un impotente il tiene.
Ha di castrato le ginocchia, e ad amboS’attaccano due stinchi, anzi due grucce,
Mutando il passo orribilmente strambo.
Pure un cotal galante da Bertucce
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Vinegia Pietro Buratti Mecenate Burattino Bertucce
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