Il Buratti, ben lontano dall’aspettarsi una simile soperchieria, montò sulle furie. Era la prigione che si sarebbe spalancata per la terza volta a riceverlo, ed a custodirlo per Dio sa quanto tempo; era forse l’esilio perpetuo, la rovina irreparabile della sua famiglia, il totale annientamento della sua fortuna. Una terribile invocazione gli uscì dal petto:
Se favola no xe la gran brentanaChe soto el bon Noè ti n’ha molada,(122)
Torna Giove a negar sta razza umana,
Più de la vechia porca e desgraziada!
E poichè non c’era tempo da perdere, forte della sua coscienza, mandò al Direttore Generale di Polizia la seguentePROTESTA
Sbalordito ragionevolmente dalla voce sparsa che vada quì ed altrove propagandosi furtiva la stampa di alcune mie composizioni vernacole, avente per titolo: Poesie e satire di Pietro Buratti, veneziano - con note dell’Autore, in data di Amsterdam, crederei di mancare troppo al carattere di uomo onesto s’io, non ne portassi immediatamente la cognizione a questa Direzione Generale di Polizia, onde lavarmi intanto dalla taccia di avervi prestata mano, rinunciando ad ogni riguardo verso il pubblico, lusingato dall’idea di una falsa gloria, o di un più turpe interesse. Asserisco dunque solennemente, in faccia alla medesima, che la stampa si fece senza mia saputa, e fu opera di qualche vile che, ramassando (sic) qua e là varie copie diffuse a mani credute amiche, mi usurpò la sacra proprietà di Autore, e la fece istromento di privata speculazione. Le medesime certo non possono contare che un epoca assai remota, e di gran lunga anteriore alla pena che mi fu inflitta per le ottave sull’elefante l’anno 1819, dopo le quali niente si diffuse in manoscritto, che dir si possa in contravvenzione di quanto ho promesso.
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