Ma allora che garanzia ha il pubblico che essi s’ispireranno all’utilità generale? Allora è pura questione di usurpazione, ed ai sottoposti, se malcontenti, non resta che l’appello alla forza per scuotere il giogo. Sono scelti da una data classe, o da un partito? E allora certamente trionferanno gl’interessi e le idee di quella classe o di quel partito, e la volontà e gl’interessi degli altri saranno sacrificati. Sono eletti a suffragio universale? Ma allora il solo criterio è il numero, che certo non è prova né di ragione, né di giustizia, né di capacità. Gli eletti sarebbero coloro che meglio sanno ingarbugliare la massa; e la minoranza, che può anche essere la metà meno uno, resterebbe sacrificata. E ciò senza contare che l’esperienza ha dimostrato l’impossibilità di trovare un meccanismo elettorale, pel quale gli eletti siano almeno i rappresentanti reali della maggioranza.
Molte e varie sono le teorie, con cui si è tentato di spiegare e giustificare l’esistenza del governo. Però tutte sono fondate sul preconcetto, confessato o no, che gli uomini abbiano interessi contrari, e che vi sia bisogno di una forza esterna, superiore, per obbligare gli uni a rispettare gl’interessi degli altri, prescrivendo ed imponendo quella regola di condotta, con cui gli interessi in lotta siano il meglio possibile armonizzati, ed in cui ciascuno trovi il massimo di soddisfazione col minimo di sacrifici possibili.
Se, dicono i teorici dell’autoritarismo, gli interessi, le tendenze, i desiderii di un individuo sono in opposizione con quelli di un altro individuo o magari di tutta quanta la società, chi avrà il diritto e la forza di obbligare l’uno a rispettare gli interessi dell’altro?
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