Oggi di fronte ai reclami insistenti e minacciosi del proletariato, i governi mostrano la tendenza ad intromettersi nelle relazioni tra padroni ed operai; con ciò tentano di deviare il movimento operaio, e di impedire, con qualche ingannevole riforma, che i poveri prendano da loro stessi tutto quello che spetta loro, cioè una parte di benessere eguale a quella di cui godono gli altri.
Bisogna inoltre tenere in conto, da una parte che i borghesi, cioè i proprietarii, stanno essi stessi continuamente a farsi la guerra ed a mangiarsi tra loro; e dall’altra parte che il governo, per quanto uscito dalla borghesia e servo e protettore di essa, tende, come ogni servo ed ogni protettore, ad emanciparsi ed a dominare il protetto. Quindi quel giuoco d’altalena, quel barcamenarsi, quel concedere e ritirare, quel cercare alleati tra il popolo, contro i conservatori, e tra i conservatori contro il popolo, che è la scienza dei governanti, e che fa illusione agli ingenui ed ai neghittosi, i quali stanno sempre ad aspettare che la salvezza venga loro dall’alto.
Con tutto questo il governo non cambia natura. Se si fa regolatore e garante dei diritti e dei doveri di ciascuno, esso perverte il sentimento di giustizia: qualifica reato e punisce ogni atto che offende o minaccia i privilegi dei governanti e dei proprietari, e dichiara giusto, legale, il più atroce sfruttamento dei miserabili, il lento e continuo assassinio morale e materiale, perpetrato da chi possiede a danno di chi non possiede. Se si fa amministratore dei servizi pubblici, esso mira ancora e sempre agli interessi dei governanti e dei proprietarii, e non si occupa degli interessi della massa lavoratrice se non in quanto è necessario perché la massa consenta a pagare.
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