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      L’esperienza, accumulata e tramandata dalle generazioni successive, ha insegnato all’uomo che, unendosi agli altri uomini, la sua conservazione è più assicurata ed il suo benessere ingrandito. Così, in conseguenza della stessa lotta per l’esistenza, combattuta contro la natura ambiente e contro individui della stessa sua specie, si è sviluppato negli uomini l’istinto sociale, che ha completamente trasformato le condizioni della sua esistenza. In forza di esso l’uomo potette uscire dall’animalità, salire a potenza grandissima ed elevarsi tanto al disopra degli altri animali, che i filosofi spiritualisti han creduto necessario inventare per lui un’anima immateriale ed immortale.
      Molte cause concorrenti han contribuito alla formazione di questo istinto sociale, che, partendo dalla base animale dell’istinto della conservazione della specie (che è l’istinto sociale ristretto alla famiglia naturale) è arrivato ad un grado eminente in intensità ed in estensione, e costituisce ormai il fondo stesso della natura morale dell’uomo.
      L’uomo, comunque uscito dai tipi inferiori dell’animalità, essendo debole e disarmato per la lotta individuale contro le bestie carnivore, ma avendo un cervello capace di grande sviluppo, un organo vocale atto ad esprimere con suoni diversi le varie vibrazioni cerebrali, e delle mani specialmente adatte per dar forma voluta alla materia, dovette sentire ben presto il bisogno ed i vantaggi dell’associazione; anzi si può dire che solo allora potette uscire dall’animalità quando divenne sociale, ed acquistò l’uso della parola, che è nello stesso tempo conseguenza e fattore potente della sociabilità.


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L'anarchia
di Errico Malatesta
pagine 75