La solidarietà dunque è la condizione nella quale l’uomo raggiunge il massimo grado di sicurezza e di benessere; e perciò l’egoismo stesso, cioè la considerazione esclusiva del proprio interesse spinge l’uomo e le società umane verso la solidarietà; o, per meglio dire, egoismo ed altruismo (considerazione degli interessi altrui) si confondono in un solo sentimento, come si confondono in uno l’interesse dell’individuo e l’interesse della società.
Sennonché l’uomo non poteva d’un tratto solo passare dall’animalità all’umanità, dalla lotta brutale tra uomo e uomo, alla lotta solidale di tutti gli uomini affratellati contro la natura esteriore.
Guidato dai vantaggi che offre l’associazione e la conseguente divisione del lavoro, l’uomo evolveva verso la solidarietà; ma la sua evoluzione incontrò un ostacolo che l’ha deviata e la devia ancora dalla mèta. L’uomo scoprì che poteva, almeno fino ad un certo punto e per i bisogni materiali e primitivi che allora solamente sentiva, realizzare i vantaggi della cooperazione sottomettendo a sé gli altri uomini invece di associarseli; e, siccome erano ancora potenti in lui gl’istinti feroci ed antisociali ereditati dalle bestie progenitrici, egli costrinse i più deboli a lavorare per lui, preferendo la dominazione alla associazione. Forse anche, nella più parte dei casi, fu sfruttando i vinti che l’uomo imparò per la prima volta a comprendere i benefizi dell’associazione, l’utile che l’uomo poteva ricavare dall’appoggio dell’uomo.
Così la constatazione dell’utilità della cooperazione, che doveva condurre al trionfo della solidarietà in tutti i rapporti umani, mise capo invece alla proprietà individuale ed al governo, cioè allo sfruttamento del lavoro di tutti da parte di pochi privilegiati.
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