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Risulta da quanto abbiam detto che noi dobbiamo lavorare per risvegliare negli oppressi il desiderio vivo di una radicale trasformazione sociale, e persuaderli che, unendosi, essi hanno la forza di vincere; dobbiamo propagare il nostro ideale e preparare le forze morali e materiali necessarie a vincere le forze nemiche, e ad organizzare la nuova società. E quando avrem la forza sufficiente, dobbiamo, profittando delle circostanze favorevoli che si producono o creandole noi stessi, fare la rivoluzione sociale, abbattendo, colla forza, il governo; espropriando, colla forza, il governo; espropriando, colla forza, i proprietari; mettendo in comune i mezzi di vita e di produzione: ed impedendo che nuovi governi vengano a imporre la loro volontà e ad ostacolare la riorganizzazione sociale fatta direttamente dagli interessati.
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Tutto questo però è meno semplice di quello che potrebbe a prima giunta parere.
Noi abbiamo da fare cogli uomini quali sono nell'attuale società, in condizioni morali e materiali disgraziatissime; e ci inganneremmo pensando che basta la propaganda per elevarli a quel grado di sviluppo intellettuale e morale che è necessario alla attuazione dei nostri ideali.
Tra l'uomo e l'ambiente sociale vi è un'azione reciproca. Gli uomini fanno la società come essa è, e la società fa gli uomini come essi sono e da ciò risulta una specie di circolo vizioso: per trasformare la società bisogna trasformare gli uomini, e per trasformare gli uomini bisogna trasformare la società.
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