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      E così, tra i patteggiamenti ed i mercati segreti, le alleanze tra monarchi, le guerre regie cominciate con dubbia fede e vergognosamente stroncate per ragioni dinastiche, le dedizioni dei condottieri popolari, le illusioni degli ingenui ed il tradimento dei furbi, si arrivò alla costituzione di un regno italico che era la parodia, la negazione dell’Italia libera e grande sognata dai precursori.
      Non si era raggiunta nè l’unità nè vera indipendenza.
      L’Austria, padrona sempre della Venezia, restava minacciosa al di qua dell’Alpi, e l’Italia sembrava vivere solo per la protezione interessata e prepotente dell’imperatore dei francesi. Il Papa continuava a tiranneggiare Roma ed il Lazio, pronto sempre a chiamare lo straniero in suo soccorso. Il diritto della nazione a governarsi da sè ridotto alla concessione di una Camera dei deputati eletta da un piccolo numero di censiti e tenuta a freno dalla potestà suprema del re, nonchè da un Senato di nomina regia. Negata ogni autonomia di regioni e comuni, e tutta l’Italia sottoposta all’egemonia delle caste burocratica e militaresca del Piemonte. Le libertà cittadine sempre a discrezione della polizia. Le condizioni economiche della massa (proletariato e piccola borghesia) a cui si erano fatte tante promesse, generalmente peggiorate ed in certe regioni rese addirittura miserabili per l’aumento delle imposte sulla produzione e sui consumi. Quindi malcontento generale; e quando il malcontento scoppiava in tumultuose proteste collettive, la forza pubblica ristabiliva l’ordine con quei massacri di folle inermi, che restarono sempre una caratteristica del sistema di governo della monarchia italiana.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338

   





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