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      In effetti, la nostra propaganda, se non colla rapidità che avremmo voluto, portava pure i suoi frutti: il numero dei convinti andava continuamente crescendo, ed intorno ad essi si andava sempre allargando il cerchio di simpatizzanti, di quelli cioè che pur non comprendendo e non accettando tutte le nostre idee, sentivano l’ingiustizia del presente ordinamento sociale e volevano contribuire al suo cambiamento. Ed i tentativi insurrezionali che facevamo e ci proponevamo di fare, pur essendo allora condannati ad insuccesso sicuro, erano mezzo efficace di propaganda, ed un giorno, a tempi più maturi (chi può giudicare prima del fatto quando i tempi sono maturi, cioè quando un concorso di circostanze determina il “momento psicologico” in cui un popolo è pronto ad insorgere?), un giorno, dico, sarebbero stati la scintilla che provoca un grande incendio.
      Se il nostro lavoro fosse continuato concorde come durante i sette od otto anni dopo la fondazione a Rimini della Federazione italiana (1872), ben altra, io credo, sarebbe oggi la situazione italiana.
      Ma sul più bello, lo sviluppo del nostro movimento fu conturbato ed arrestato dall’introduzione in Italia del partito socialdemocratico, legalitario e parlamentare secondo il tipo tedesco.
      L’esistenza di un altro partito socialista con tendenze diverse di quelle che aveva l’Internazionale italiana non sarebbe stato un gran male, anzi avrebbe potuto essere un bene, poichè avrebbe attratti al socialismo molti elementi che, pur ammettendo la necessità di una radicale riforma sociale, non potevano per temperamento e per posizione essere rivoluzionari e con noi non ci sarebbero venuti mai.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338

   





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