Ma il guaio fu che chi introdusse (almeno con risultati seri, poichè vi era stato qualche altro tentativo senza successo) in Italia la nuova tendenza uscì proprio di mezzo a noi.
Alcuni degli internazionalisti tra i più influenti ed amati (non posso qui fare a meno di nominare l’Andrea Costa), impressionati dagli apparenti successi del socialismo in Germania, disgustati di una lotta che era, o sembrava, sterile di risultati immediati, e forse stanchi delle persecuzioni che ormai erano diventate ben più serie, preferirono, contro i loro primi compagni e contro tutto il loro passato, una tattica che prometteva una relativa tranquillità e rapidi successi personali; e così gettarono la discordia nelle nostre file e furono la causa che il meglio delle nostre forze fosse speso in polemiche e diatribe intestine, anzichè nella propaganda tra le masse e la lotta contro il nemico comune.
I vecchi internazionalisti che di quella “evoluzione” videro direttamente i danni morali e materiali fatti al movimento, e soffrirono nei loro sentimenti profondi per le amicizie male rotte, gridarono al “tradimento”. E certo parve dar loro ragione il modo subdolo come si condussero i nuovi convertiti al parlamentarismo, negando ed affermando, attenuando od accentuando la nuova tendenza secondo gli ambienti e le circostanze, e trascinando i compagni più ingenui col sentimentalismo delle amicizie personali e quasi senza che se ne accorgessero.
Ma fu davvero tradimento cosciente fatto per fini personali, o frutto di onesta convinzione?
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