Perchè tanto sfoggio di sentimentalismo a proposito di una disgrazia particolare, quando migliaia e milioni di esseri umani muoiono di fame e di malaria, fra l’indifferenza di coloro che avrebbero i mezzi di rimediarvi?
Forse perchè questa volta le vittime non son dei volgari lavoratori, non un onest’uomo ed un’onesta donna qualunque, ma un re ed una regina?...
Veramente, noi troviamo il caso più interessante, ed il nostro dolore è più sentito, più vivo, più vero, quando si tratta di un minatore schiacciato da una frana mentre lavora, e di una vedova che resta a morir di fame coi suoi figlioletti!
Nulladimeno, anche quelle dei reali sono sofferenze umane e vanno deplorate. Ma sterile resta il lamento se non se ne indagano le cause e non si cerca di eliminarle.
Chi è che provoca la violenza? Chi è che la rende necessaria, fatale?
Tutto il sistema sociale vigente è fondato sulla forza brutale messa a servizio di una piccola minoranza che sfrutta ed opprime la grande massa; tutta l’educazione che si dà ai ragazzi si riassume in una apoteosi della forza brutale; tutto l’ambiente in cui viviamo è un continuo esempio di violenza, una continua suggestione alla violenza.
Il soldato, cioè l’omicida professionale, è onorato, e sopra di tutti è onorato il re, la cui caratteristica storica è quella di essere capo di soldati.
Colla forza brutale si costringe il lavoratore a farsi derubare del prodotto del suo lavoro; colla forza brutale si strappa l’indipendenza alle nazionalità deboli.
L’imperatore di Germania eccita i suoi soldati a non dar quartiere ai Cinesi; il governo inglese tratta da ribelli i Boeri che rifiutano di sottomettersi alla prepotenza straniera, e brucia le fattorie, e caccia le donne dalle case, e perseguita anche i non combattenti, e rinnova le gesta orribili della Spagna in Cuba; il Sultano fa assassinare gli Armeni a centinaia di migliaia; il governo Americano massacra i Filippini dopo averli vilmente traditi.
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