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      Tutto ciò che possiamo, e cioè che dobbiamo fare, si è di distinguerci nettamente da coloro che dell’anarchia hanno un concetto diverso dal nostro, o che dallo stesso concetto teorico tirano conseguenze pratiche opposte a quelle che ne tiriamo noi. E la distinzione deve risultare dall’esposizione chiara della nostra morale senza nessun riguardo di persone e di partito. Poichè questa pretesa solidarietà di partito, fra gente che poi non apparteneva e non avrebbe potuto appartenere allo stesso partito, è stata appunto una delle cause principali della confusione. E si è arrivati a tal punto che molti esaltano nei “compagni” quelle stesse azioni che vituperano nei borghesi; e sembra che il loro unico criterio del bene e del male sia questo: se l’autore dell’atto che si giudica prende il nome di anarchico, o no.
      Molti sono gli errori che hanno menato gli uni a mettersi in completa contraddizione coi principii che teoricamente professano, e gli altri a sopportare queste contraddizioni; come molte sono le cause che hanno attirata in mezzo a noi della gente che in fondo se ne ride del socialismo e dell’anarchia, e di tutto ciò che sorpassa gl’interessi delle loro persone.
      Io non posso intraprendere qui un esame metodico e completo di questi errori. Solo accennerò ad alcuni di essi così come mi si presenteranno alla mente.
      Prima di tutto parliamo di morale.
      È cosa comune trovare degli anarchici che “negano la morale”. Al principio è un semplice modo di dire per significare che, dal punto di vista teorico, non ammettono una morale assoluta, eterna, immutabile, e che, nella pratica, si ribellano contro la morale borghese che sanziona lo sfruttamento delle masse e condanna quegli atti che tornano a pericolo e danno dei privilegiati.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338