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      Ma poi, poco a poco, come suole avvenire in tante altre cose, prendono la figura retorica per l’espressione della verità. Dimenticano che nella morale corrente, oltre le regole che sono inculcate dai preti e dai padroni nell’interesse del loro dominio, si trovano pure, e ne sono in realtà la parte maggiore e sostanziale, anche quelle regole che sono la conseguenza e la condizione di ogni coesistenza sociale; dimenticano che il ribellarsi contro ogni regola imposta colla forza non vuol dire niente affatto rinunziare ad ogni ritegno morale e ad ogni sentimento di obbligazione verso gli altri; dimenticano che per combattere ragionevolmente una morale, bisogna opporle, in teoria ed in pratica, una morale superiore; e, per poco che il temperamento e le circostanze aiutino, finiscono col divenire immorali nel senso assoluto della parola, cioè uomini senza regola di condotta, senza criterio per guidarsi nelle loro azioni, che cedono passivamente all’impulso del momento. Oggi si leveranno il pane di bocca per soccorrere un compagno, domani ammazzeranno un uomo per andare al bordello!...
      Altra fonte di errori e di colpe gravissime è stato il modo come si è interpretato da molti la teoria della violenza.
      La società attuale si mantiene colla forza delle armi. Mai nessuna classe oppressa è riuscita ad emanciparsi senza ricorrere alla violenza; mai le classi privilegiate han rinunciato ad una parte, sia pur minima, dei loro privilegi, se non per forza, o per paura della forza. Le istituzioni sociali attuali sono tali che appare impossibile di trasformarle per via di riforme graduali e pacifiche; e la necessità di una rivoluzione violenta che, violando, distruggendo la legalità, fondi la società umana sopra basi novelle, s’impone.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338