Si perde l’abitudine e poi la voglia di lavorare, e quindi sul prodotto del furto bisogna prelevare la quota per alimentare il ladro: alla propaganda va quel che resta, se ce ne resta. E coll’abitudine del non lavorare viene il gusto del lusso e dell’orgia, e si finisce col dimenticare le idee, la propaganda, i principi, e si diventa un ladro volgare.
Peggio ancora: s’incomincia a trattare i propri compagni come vigliacchi perchè si lasciano sfruttare lavorando, la massa come disprezzabile gregge, e si finisce col dire: “chi vuole emanciparsi faccia come me, rubi”, “io la mia rivoluzione l’ho fatta, faccian gli altri la loro”, e si diventa dei borghesi come e peggio degli altri.
E questo solo per quei pochi che hanno fortuna e riescono a fare il colpo grosso. Gli altri consumano la vita in piccole truffe, furtarelli meschini fatti preferibilmente a danno dei poveri, perchè rubare ai poveri è più facile e meno pericoloso, o a danno dai compagni perchè i compagni non denunciano alla polizia.
I migliori quelli che riescono a salvarsi dalla peggiore decadenza morale son quelli che si fan cogliere all’inizio della carriera e vanno in galera prima di essersi completamente corrotti.
Vi possono essere delle eccezioni individuali: io stesso ne potrei citare se l’argomento non fosse così delicato.
Ma il certo si è che in tutti gli ambienti in cui è stato ammesso il furto per la propaganda è entrata la corruzione, la sfiducia tra compagni la maldicenza, il sospetto e quindi l’inerzia e la dissoluzione.
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