Ve ne sono bensì altri più colti e di spirito più largo, che trovan sempre modo di arrivare a conclusioni più o meno ragionevoli, anche a costo di strapazzare la logica; e per questi gli errori teorici hanno poca o nessuna influenza sulla condotta pratica. Ma insomma, fino a che non si rinunzia a certi errori fondamentali, si è sempre minacciati dai sillogizzatori ad oltranza, e si torna sempre da capo.
E l'errore fondamentale degli anarchici avversari dell’organizzazione è il credere che non sia possibile organizzare senza autorità - ed il preferire, ammessa quella ipotesi, piuttosto rinunziare a qualsiasi organizzazione che accettare la minima autorità.
Ora, che l’organizzazione, vale a dire l'associazione per uno scopo determinato e colle forme ed i mezzi necessari a conseguire quel fine, sia una cosa necessaria alla vita sociale ci pare evidente. L’uomo isolato non può vivere nemmeno la vita del bruto: esso è impotente, salvo nelle regioni tropicali e quando la popolazione è eccessivamente rada, a procurarsi il nutrimento; e lo è sempre, senza eccezioni, ad elevarsi ad una vita alcun poco superiore a quella degli animali. Dovendo perciò unirsi cogli altri uomini, anzi trovandosi unito in conseguenza della evoluzione antecedente della specie, esso deve, o subire la volontà degli altri (essere schiavo), o imporre la volontà propria agli altri (essere un’autorità), o vivere cogli altri in fraterno accordo in vista del maggior bene di tutti (essere un associato). Nessuno può esimersi da questa necessità; ed i più eccessivi antiorganizzatori non solo subiscono l’organizzazione generale della società in cui vivono, ma anche negli atti volontari della loro vita, anche nelle loro rivolte contro l’organizzazione si uniscono, si dividono il compito, si organizzano con quelli con cui vanno d’accordo e utilizzano i mezzi che la società mette a loro disposizione.
| |
|