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      Concessolo, sanno giocarlo e dominarlo, e, se per avventura si mostrasse indocile, possono sopprimerlo. Al popolo non resta altra risorsa che quella della rivoluzione, che il voto avrebbe dovuto rendere inutile.
      Non gli espedienti economici legali - mutuo soccorso, risparmio, cooperative, scioperi -- poichè la potenza schiacciante e sempre crescente del capitale, appoggiata, ove occorra, dalla forza delle baionette, e le condizioni materiali e morali in cui essa ha ridotto il proletariato, li rendono dei mezzi impotenti, illusori, o semplicemente ridicoli.
      Non vi sono dunque che due vie di uscita. O la rinuncia volontaria delle classi dominanti al possesso esclusivo della ricchezza ed a tutti i privilegi di cui godono sotto l’influenza dei buoni sentimenti che la propaganda socialista può far nascere in esse: oppure la rivoluzione, l'azione diretta delle masse, eccitata e mossa dalla minoranza cosciente che si va organizzando nelle file del partito socialista.
      La prima di queste vie, in cui dei generosi quanto ingenui filosofi credettero un momento, è dimostrata una speranza illusoria, nonchè da tutta quanta la storia passata, dall’esperienza sanguinosa dei fatti contemporanei…
      Restava la rivoluzione; e tutti i socialisti, che del socialismo non facevano un oggetto di distrazione contemplativa ma un programma pratico che volevano al più presto possibile vedere attuato, furono rivoluzionari.
      I socialisti erano bensì divisi in due grandi frazioni rispondenti a due correnti d’idee. Gli uni, autoritari, volevano servirsi per emancipare il popolo dello stesso meccanismo che ora lo tiene sottomesso, e si proponevano la conquista del potere politico.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338