È la logica della situazione che s’impone. Repubblicani e monarchici democratici dicono: che il popolo faccia la sua volontà… a mezzo delle assemblee elette a suffragio universale. E le assemblee fanno la volontà dei proprietari, dei preti e dei politicanti, di cui sono e saranno composte fino a quando dureranno le attuali condizioni economiche.
I socialisti dovrebbero rispondere, sotto pena di non esser più socialisti, che il popolo non può fare quello che vuole, nè saprà quello che deve volere fino a quando sarà economicamente schiavo. Ma avendo per necessità elettorali e per convenienze personali, prima trascurata e poi combattuta, più o meno apertamente, la propaganda rivoluzionaria, che cosa restava loro se non accettare il terreno che offrivan loro gli avversari naturali del socialismo? Ed essi lo hanno accettato, e fino al punto da dimenticare spesso anche le affermazioni teoriche, che restavano l’unica platonica differenza tra loro ed i democratici borghesi.
Per gli anarchici era un’altra cosa. Per essi che negano la delegazione del potere e fanno appello all’azione libera e diretta di tutti, la “nuova tattica” oltre a far trascurare la propaganda socialista e rivoluzionaria e gettare il partito nelle braccia dei borghesi, aveva pure il torto grandissimo di dare alla parte cosciente delle masse un’educazione diametralmente opposta allo scopo che gli anarchici vogliono raggiungere, poichè abitua a fidare negli altri e restare inerti. E perciò gli anarchici, come partito, restarono incolumi dalla lebbra parlamentare.
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