– Principalmente eran questioni teoriche, non ancora ben delucidate, le quali avevan fatto sì che ci credevano d’accordo, mentre spesso sotto una stessa fraseologia si nascondevano idee assolutamente diverse.
Eranvi poi in mezzo a noi degli elementi dissolventi che di anarchici non avevano che il nome. Fu inoltre gravissimo errore quello di esserci allontanati dal movimento operaio e di aver cessato così a poco a poco dall’essere un partito vivente e popolare, per ridurci invece in un manipolo di dottrinari.
Si può aggiungere che in sui primordi del movimento anarchico, forse per l’estrema giovinezza ed inesperienza dei suoi iniziatori, si aveva l’illusione di poter arrivare alla rivoluzione a breve scadenza; e per conseguenza si trascurava ogni lavoro di organizzazione che richiedeva opera lunga e paziente, pur riconoscendone teoricamente l’utilità. E accadde questo fenomeno: che noi, i quali eravamo sempre stati, sin dalle origini in lotta con il partito marxista, eravamo per molti lati più marxisti di quelli che si professavano tali. Così, ad esempio, accettavamo del marxismo l’inerte fatalismo, la legge del salario messa in voga da Lassalle, ed altri postulati. Per questo eravamo persuasi della impossibilità ed inutilità di qualsiasi riforma e miglioramento delle condizioni del proletariato in un regime capitalistico. Questo fece sì che non solo noi non ci occupassimo delle piccole rivendicazioni e lotte operaie che tutti i giorni fatalmente si combattono in questa "struggle for life" sociale, ma si ottenesse invece questo effetto negativo: che appunto nei paesi più avanzati, dove il proletariato aveva maggior coscienza di organizzazione, e dove, quindi, esso poteva resistere, imporsi e strappare qualche brandello di concessione, là gli operai con più difficoltà, e quasi con diffidenza, ascoltavano noi che predicavamo loro, in modo assoluto, l’impossibilità di ogni miglioramento nel regime capitalistico attuale.
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Lassalle
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