Fortunatamente l’equivoco non può durare a lungo. Ben presto la logica delle idee e la necessità dell’azione inducono i pretesi anarchici a rinunziare spontaneamente al nome e a mettersi nel posto che loro si compete. Gli anarchici elezionisti che sono spuntati fuori in varie occasioni hanno tutti più o meno rapidamente abbandonato l’anarchismo, così come gli anarchici dittatoriali o bolscevizzanti diventano presto bolscevichi sul serio, e si mettono al servizio del governo russo e dei suoi delegati.
Il fenomeno si è riprodotto in Francia in occasione delle elezioni di questi giorni. Il pretesto è l’amnistia. “Migliaia di vittime gemono nelle prigioni e nei bagni penali; un governo di sinistra darebbe l’amnistia; è dovere di tutti i rivoluzionari, di tutti gli uomini di cuore il fare quello che si può per fare uscire dalle urne i nomi di quegli uomini politici che, si spera, darebbero l’amnistia”. Questa è la nota che domina nei ragionamenti dei convertiti.
In Italia fu l’agitazione a favore di Cipriani prigioniero che servì di pretesto ad Andrea Costa per trascinare gli anarchici romagnoli alle urne, ed iniziare così la degenerazione del movimento rivoluzionario creato dalla prima Internazionale e finire col ridurre il socialismo ad un mezzo per trastullare le masse ed assicurare la tranquillità della monarchia e della borghesia.
Ma veramente i francesi non hanno bisogno di venire a cercare gli esempi in Italia, poichè ne hanno di eloquentissimi nella storia loro.
In Francia, come in tutti i paesi latini, il socialismo nacque, se non precisamente anarchico, certamente antiparlamentare: e la letteratura rivoluzionaria francese dei primi dieci anni dopo la Comune abbonda di pagine eloquenti, dovute fra le altre alle penne di Guesde e di Brousse, contro la menzogna del suffragio universale e la commedia elettorale e parlamentare.
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