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      Gli anarchici dovrebbero anzitutto combattere contro la costituzione, nel seno del movimento operaio di una classe di funzionari e di dirigenti che finirebbero coll’avere uno spirito e degl’interessi opposti a quelli della massa, ed in ogni agitazione temerebbero per i loro salari e le loro posizioni – e perciò dovrebbero cercare che il lavoro di amministrazione ridotto alla più semplice espressione, sia fatto, per quanto è possibile, gratuitamente, da volontari che si sostituiscono e si alternano nelle cariche sociali: o quando fosse necessario compensare chi vi dedica il suo tempo, che il compenso non sia superiore al salario medio che guadagnano i lavoratori in quel dato mestiere, ed il personale impiegato si rinnovelli il più sovente possibile.
      Gli anarchici dovrebbero cercare che l’organizzazione avesse una vita attiva, con riunioni generali e discussioni frequenti per impedire che il socio comune finisca col diventare un semplice passivo contributore di quote.
      Dovrebbero impedire che le leghe di resistenza si occupassero di mutuo soccorso, intraprese cooperative ed altre mansioni che rifuggono naturalmente dai rischi della lotta e cointeressano in certo modo il lavoratore al mantenimento dell’ordine vigente.
      Dovrebbero combattere le alte quote e la costituzione di forti casse, che paralizzano l’organizzazione e ne arrestano lo slancio colla paura di perdere il denaro. Le leghe dovrebbero, sì, educare i soci ai sacrifizii anche pecuniarii, ma impiegare il ricavato nella lotta, nella propaganda in opere di solidarietà senza accumulare.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338