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      Secondo noi, gli anarchici debbono favorire quelle organizzazioni che più si accostano ai loro metodi ed ai loro ideali, e stare, nei periodi di lotta attiva, con quelle che sono in lotta. Del resto, entrare in tutte le organizzazioni, in tutti gli aggruppamenti dove sia possibile farlo senza prendere impegni contrari alle proprie convinzioni e dove si vede la probabilità di fare una propaganda utile ed esercitare un’azione feconda. Tenersi estranei il più possibile alle beghe personali, e spronare i lavoratori ad agire da loro stessi senza bisogno di capi e soprattutto senza sposare gli odi e le rivalità di coloro che posano a capi. Combattere l’ingerenza nelle organizzazioni operaie dei politicanti e degli arrivisti che si vogliono far sgabello dei lavoratori per aprirsi una carriera nel mondo borghese.
      Vi sono degli anarchici che avversano ogni organizzazione per la lotta economica e se ne tengono rigorosamente lontani. A noi pare una tattica sbagliata.
      Certamente la lotta economica finché resta solo lotta economica, non può risolvere la questione sociale.
      I miglioramenti possibili in regime capitalista, se diventano generali, sono annullati dal gioco stesso dei fattori economici, e quando si trattasse di attaccare nelle sue parti vitali il privilegio dei proprietari, interverrebbe il potere politico a garantire colla forza brutale il mantenimento dell’ordine legale.
      Dunque la questione deve in definitiva risolversi sul terreno politico, cioè colla lotta contro il governo. Se i lavoratori riusciranno ad abbattere il governo, il quale in ultima analisi non è che la forza armata che sta a difesa del privilegio, potranno prender possesso della ricchezza sociale e divenire veramente liberi.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338