Essi sono i socialisti, i sindacalisti e gli anarchici, tutti e tre convinti che per emancipare i lavoratori ed instaurare un migliore ordine sociale, bisogna abbattere il sistema capitalistico, ma divisi sulla concezione della società futura e sulle vie per arrivarvi.
I socialisti, fra i quali comprendo anche la frazione che ora si intitola comunista, vogliono diventare governo, non importa ora se con mezzi legali o con la violenza. Essi credono possedere la ricetta per guarire tutti i mali e risolvere tutti i problemi sociali, e vogliono imporre quella loro ricetta in nome di una pretesa maggioranza legalmente constatata o con la dittatura usurpata da alcuni individui in nome del loro partito. Le masse debbono servire solamente per fornire i voti e le braccia necessarie per mandare al potere i capi del partito, e tutta la tattica è diretta allo scopo di sottomettere al partito le organizzazioni operaie. Perciò i dirigenti socialisti (e peggio se “comunisti”) delle organizzazioni si sottraggono il più possibile al controllo degli organizzati, soffocano ogni autonomia ed ogni spirito d’iniziativa e col pretesto della disciplina nelle azioni collettive educano gli operai all’ubbidienza passiva ai capi. In tal modo essi si foggiano l’arme per andare al potere e preparano le masse a piegarsi docilmente sotto la fèrula del governo di domani.
I sindacalisti hanno delle concezioni più libertarie Essi vogliono rendere inutile lo Stato, esautorarlo e distruggerlo mediante i sindacati che a poco a poco dovrebbero assorbire tutte le funzioni della vita sociale.
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