Alcune categorie si avvantaggiano della protezione doganale, altre ne soffrono; alcune desiderano certi interventi dall’autorità statali, certe leggi e certi regolamenti, mentre altre lottano in migliori condizioni se il governo non si mischia dei loro affari.
D’altra parte esiste un antagonismo permanente fra ciascuna categoria di lavoratori e gli altri lavoratori in quanto sono consumatori dei prodotti di quella. Ogni aumento di salario di una categoria si traduce in un aumento di prezzo dei suoi prodotti e causa danno al pubblico, fino a quando l’aumento dei salari di tutte le categorie ristabilisce l’equilibrio e rende illusorio il benefizio dell’aumento.
Così avviene che tante organizzazioni operaie, sorte per iniziativa di pochi generosi con largo spirito di solidarietà umana e fieri propositi di battaglia, si sono poi, a misura che son cresciute di numero e di potenza, moderate, corrotte e trasformate in corporazioni chiuse, preoccupate solo dell’interesse dei soci in opposizione ai non soci.
Aggiungiamo a tutto questo la burocrazia parassitaria che si sviluppa nel loro seno, i capi che s’installano alla dirigenza e manovrano come dei semplici politicanti per restarvi in permanenza, gli scopi politici antiproletari o antilibertari a cui spesso sono fatti servire, i contatti ripugnanti ma inevitabili colle autorità, e ci spiegheremo facilmente l’antipatia e l’ostilità, che certi compagni, ora credo ridotti a pochissimi, manifestano contro le organizzazioni operaie.
Ma è consigliabile, è utile, è possibile per gli anarchici restar fuori delle organizzazioni operaie, o parteciparvi solo passivamente, semplicemente in quanto sono operai che hanno bisogno di lavorare e non vogliono fare i crumiri?
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