E tutto questo non solo nell’interesse attuale della lotta e dell’educazione dei lavoratori, ma anche e maggiormente in vista dello svolgimento della rivoluzione dopo che la rivoluzione sarà iniziata.
A giusta ragione gli anarchici si oppongono al comunismo autoritario, il quale suppone un governo, che, volendo dirigere tutta la vita sociale e mettere l’organizzazione della produzione e la distribuzione delle ricchezze sotto gli ordini di funzionari suoi, non può non produrre la più esosa tirannia e la paralizzazione di tutte le forze vive della società.
Ma questa espropriazione e questa distribuzione non possono, in pratica, essere fatte tumultuariamente, dalla massa anche se sindacata, senza produrre uno sperpero esiziale di ricchezze ed il sacrificio dei più deboli per opera dei più forti e brutali; e anche meno si potrebbero in massa stabilire gli accordi fra le diverse località e gli scambi fra le diverse corporazioni di produttori. Bisognerebbe dunque provvedere per mezzo di deliberazioni prese in assemblee popolari ed eseguite da gruppi ed individui o spontaneamente offertisi o regolarmente delegati.
Ora, se v’è un ristretto numero d’individui che per lunga abitudine sono considerati capi dei sindacati, se vi sono segretari permanenti ed organizzatori ufficiali, saranno essi che automaticamente si troveranno incaricati di organizzare la rivoluzione, ed essi avranno tendenza a considerare come intrusi ed irresponsabili quelli che vorranno prendere delle iniziative indipendenti da loro, e vorranno imporre, sia pure colle migliori intenzioni la loro volontà – magari con la forza.
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