a. Via e mezzi39
Sono ormai quarant’anni che le idee anarchiche han preso consistenza di ideale completo di demolizione e ricostruzione sociale; quarant’anni che gli anarchici predicano e lottano e soffrono; quarant’anni che i più devoti tra loro languono per le prigioni o lasciano la vita sui patiboli.
Sono i risultati in proporzione del tempo decorso, degli sforzi e dei sacrifici fatti?
La nostra critica ha trionfato di tutti i sofismi con cui si pretende giustificare il sistema sociale attuale: il nostro pensiero ha agito sulla letteratura e sulla scienza; le nostre previsioni sull’evoluzione delle istituzioni e dei partiti si vanno verificando, a riprova della giustezza delle nostre idee: l’opera nostra, o il bisogno di opporsi all’opera nostra, ha spinto in avanti gli altri partiti, o ne ha limitato la regressione; il nostro numero è cresciuto. Ma è la nostra influenza sul movimento sociale proporzionata al valore delle nostre idee, alla somma di energie spese e di sacrifici fatti, o anche semplicemente alla nostra, per quanto scarsa forza numerica?
Certamente no!
Nel corso degli anni molte occasioni si sono presentate in cui avremmo potuto affermarci efficacemente, ed esse ci han sempre trovati impreparati, disorganizzati, incerti, capaci solo di proteste senza portata o di sacrifici quasi inutili.
Recentemente il governo d’Italia impegnò il paese in una guerra infame, e non potemmo opporre nessuna valida resistenza e dovemmo assistere impotenti allo spettacolo doloroso di un popolo che dimentica i suoi più vitali interessi e le sue più nobili tradizioni, che rinnega ogni sentimento di giustizia e di libertà e si fa strumento volenteroso in mano ai suoi oppressori per conquistar loro, fra la strage e le devastazioni, nuovi sudditi da sfruttare ed opprimere.
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