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      È vero che la società attuale sarebbe, se la borghesia fosse più intelligente e meno gretta, suscettibile di miglioramento. Molte sofferenze sono inutili e dannose agl’interessi dei dominatori, e quindi possono essere alleviate anche in regime autoritario e capitalistico. E noi siamo lieti di ogni cambiamento che venga a lenire i dolori dei lavoratori, aumentando nello stesso tempo la forza di resistenza e di attacco. Ma, preoccupati sopratutto dell’avvenire, volendo fare la rivoluzione e non farci distributori di palliativi, noi non sapremmo lottare per i piccoli miglioramenti se non in modo ed in limiti tali che essi non servano ad addormentare il popolo e a menomare la capacità rivoluzionaria nostra.
      Questa necessità dell’insurrezione che deriva logicamente dal genere di rivoluzione che vogliamo fare e dalla natura dell’ideale cui aspiriamo, fu chiaramente intuita ed affermata nei primi tempi della propaganda e dell’azione anarchica. E conformemente ad essa agirono i primi anarchici, quando l’idea nostra, pur nuova e povera di seguaci, riuscì ad imporsi all’attenzione del pubblico e fu la speranza degli oppressi, il terrore degli oppressori.
      I successi naturalmente non sempre rispondevano alle speranze che l’entusiasmo giovanile aveva fatto nascere nell’animo degli audaci, che, in pochi e senza mezzi, osavano continuamente sfidare in tutti i modi i governi ed i padroni. Ma intanto l’idea si propagava, la tattica si perfezionava, e tra l’alternarsi di subiti entusiasmi e transitori scoraggiamenti, si andava verso il giorno in cui il partito anarchico, conquistata a sè la parte più cosciente dei lavoratori, e profittando di una crisi politica ed economica come quelle che fatalmente si producono in una società in cui tutti gli interessi sono antagonistici, avrebbero potuto, anche col concorso occasionale di altri partiti propensi ad insorgere per i loro fini particolari, spingere le masse alla lotta, disfare le forze opprimenti dello Stato, metter mano sull’arca santa della proprietà individuale, e cominciare così la rivoluzione sociale.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338

   





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