E la parola rivoluzione essa pure, secondo che meglio torna alla tesi che si vuol sostenere, ora si prende nel senso di cambiamento radicale, profondo delle istituzioni sociali ed in quel senso tutti – meno forse i religiosi i quali credono che le cose sono quali sono per volontà di Dio e saran sempre così – tutti possono dirsi rivoluzionari solo che usino la prudenza di rimandare a tempi lontanissimi (a tempi maturi, come dicono) l’attuazione dei cambiamenti auspicati; ed ora si prende nel senso di cambiamento violento, fatto per forza contro le forze conservatrici ed allora implica lotta materiale, insurrezione armata, con il corteggio di barricate, bande armate, sequestro dei beni della classe contro cui si combatte; sabotaggio dei mezzi di comunicazione, ecc. E perciò si è discusso e si torna a discutere senza mai arrivare ad intendersi (o non intendersi) in modo chiaro e definitivo...
Noi, in presenza di certe idee che si sono manifestate nel campo nostro e che potrebbero essere il germe di una nuova deviazione (da aggiungersi al parlamentarismo al cooperativismo all’educazionismo ecc.), e produrre un nuovo arresto del nostro rinascente movimento crediamo bene mettere ancora una volta in discussione il vecchio argomento, e per essere più chiari, invece di contrapporre rivoluzione ed evoluzione, diremo insurrezione ed evoluzione e ciò non tanto nella speranza di metter tutti d’accordo, quanto col desiderio di evitare confusioni e distinguere bene tra coloro che la rivoluzione la vogliono fare oggi, domani, il più presto possibile insomma, e quindi vogliono lavorare a prepararla, e quelli che predicando che la rivoluzione la dovranno fare i nostri figli o i nostri nipoti, inducono la gente, sia pure involontariamente, a cercar di cavare il più che si può dalle circostanze attuali, a non pensare più ad una rivoluzione oramai rimandata alle generazioni future e quindi a trovarsi sorpresi ed impreparati quando capitano le occasioni.
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Dio
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