La questione è questa.
Per produrre un cambiamento politico-sociale è egli necessario che il regime vigente sia esaurito e che nella coscienza di tutti, o almeno della maggioranza, si sia formato un desiderio ed un concetto chiaro della specie di cambiamento da produrre? Ed è possibile che in un dato regime sociale, si formi una coscienza universale favorevole al cambiamento fondamentale di detto regime?
O non è vero piuttosto che ogni regime, nato per imposizione forzata sulle masse, ricalcitranti forse ma incapaci di azione collettiva e cosciente con scopi predeterminati, tende a consolidarsi e farsi accettare, correggendo i suoi difetti, compensando nel miglior modo possibile i mali che produce e creando una mentalità pubblica adatta al suo mantenimento; e quindi è tanto più forte quanto più ha durato? Non è egli vero che le rivoluzioni, i progressi di tutte le specie, si fanno per opera di minoranze, spesso sparute, che alterando di fatto (colla forza quando si tratta di istituzioni che colla forza negano alle minoranze il diritto di agire) le condizioni ambientali, e utilizzando gli istinti oscuri, i bisogni incoscienti delle masse, le trascinano con loro e le incamminano sopra una via novella?
I marxisti, che tanta influenza hanno avuto, e tanta nefasta, sulle tendenze del socialismo contemporaneo, han cullato i malcontenti ed i ribelli coll’idea che il sistema capitalista portava in sè i germi di morte, e colla concentrazione della ricchezza il numero sempre più piccolo di persone e colla miseria crescente menava fatalmente alla trasformazione sociale
| |
|