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      “Il nostro compito è più modesto ed anche più perentorio: dobbiamo lasciare ad essi (ai nipoti) il terreno sgombro dalle fosche ruine, dalle turpi galere, dai privilegi esosi, dai monopoli rapaci, dagli eunuchi rispetti umani, dai convenzionalismi bugiardi, da pregiudizi avvelenati tra cui ci aggiriamo povere ombre in pena; dobbiamo lasciare ad essi sgombra la terra dalle chiese, dalle caserme, dai tribunali, dai lupanari e soprattutto dall’ignoranza e dalla paura che li custodiscono assai più fedelmente che non le sanzioni del codice e i gendarmi”.
      Qui appare l’idea, purtroppo assai sparsa in mezzo ai nostri compagni, che compito degli anarchici sia semplicemente quello di demolire, lasciando ai posteri l’opera di ricostruzione. Ed è idea nefasta.
      La vita sociale, come la vita individuale, non ammette interruzione. Sarebbe, per esempio, ridicolo, e mortale se si facesse davvero, il volere distruggere tutti i forni malsani, tutti i mulini antieconomici, tutte le culture arretrate rimettendo ai posteri la cura di cercare ed applicare metodi migliori per coltivare il grano, far la farina e cuocere il pane. E così per la maggior parte delle istituzioni sociali, che compiono male qualche funzione necessaria, ma la compiono; e non possono esser distrutte se non sostituendole con qualche cosa di meglio.
      Non si tratta di prescrivere la linea da seguire ai posteri, i quali profitteranno degli sforzi e delle esperienze nostre e faranno, c’è da sperarlo, molto meglio di quello che sapremmo far noi.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338