Egli è un aspirante borghese, un aspirante tiranno che, impotente a realizzare da sè e per le vie legali i suoi sogni di dominio e di ricchezza si accosta agli anarchici per sfruttarne la solidarietà morale o materiale.
La questione, secondo me, non è dunque tra “comunisti” e “individualisti”, ma tra anarchici e non anarchici. Ed è stato grande torto il nostro, o almeno di molti di noi, quello di discutere certo preteso “individualismo anarchico” come se fosse davvero una tra le varie tendenze dell’anarchismo, invece di combatterlo come una delle tante maschere dell’autoritarismo.
Ma, dice Adams “se si leva all’anarchismo individualista tutto ciò che non è anarchico non c’è più anarchismo individualista di sorta”. E qui non siamo d’accordo.
Moralmente l’anarchismo basta a se stesso: ma per tradursi nei fatti ha bisogno di forme concrete di vita materiale, ed è la preferenza di una forma all’altra che differenzia l’una dall’altra le vane scuole anarchiche.
Comunismo, individualismo, collettivismo, mutualismo e tutti i programmi intermedi ed eclettici non sono, nel campo anarchico, che il modo creduto migliore per realizzare nella vita economica la libertà e la solidarietà, il modo creduto più rispondente a giustizia ed a libertà di distribuire tra gli uomini i mezzi di produzione ed i prodotti del lavoro.
Bakunin era anarchico, ed era collettivista, nemico fiero del comunismo perchè in esso vedeva la negazione della libertà e quindi della dignità umana. E con Bakunin e lungo tempo dopo di lui furono collettivisti (proprietà collettiva del suolo, delle materie prime e degli strumenti di lavoro, e attribuzione del prodotto integrale del lavoro a ciascun produttore, detratta la quota parte necessaria per i carichi sociali) quasi tutti gli anarchici spagnoli, che pur erano tra gli anarchici più coscienti e più conseguenti.
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Adams Bakunin
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