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      Anarchia significa non-governo e quindi a maggior ragione non-dittatura, che è governo assoluto senza controllo e senza limiti costituzionali.
      Ma quando è scoppiata la rivoluzione bolscevista parecchi nostri amici hanno confuso ciò che era rivoluzione contro il governo preesistente, e ciò che era nuovo governo che veniva a sovrapporsi alla rivoluzione per frenarla e dirigerla ai fini particolari di un partito – e quasi quasi si sono dichiarati bolscevisti essi stessi.
      Ora, i bolscevisti sono semplicemente dei marxisti, che sono onestamente e conseguentemente restati marxisti, a differenza dei loro maestri e modelli, i Guesde, i Plekanoff, gli Hyndmann, gli Scheidemann, i Noske, ecc, ecc., che han fatto la fine che tu sai. Noi rispettiamo la loro sincerità, ammiriamo la loro energia, ma come non siamo stati mai d’accordo con loro sul terreno teorico, non sapremmo solidarizzarci con loro quando dalla teoria si passa alla pratica.
      Ma forse la verità è semplicemente questa: che i nostri amici bolscevizzanti coll’espressione “dittatura del proletariato” intendono semplicemente il fatto rivoluzionario dei lavoratori che prendono possesso della terra e degli strumenti di lavoro e cercano di costituire una società, di organizzare un modo di vita in cui non vi sia posto per una classe che sfrutti ed opprima i produttori.
      Intesa così, la “dittatura del proletariato” sarebbe il potere effettivo di tutti i lavoratori intenti ad abbattere la società capitalistica, e diventerebbe l’anarchia non appena fosse cessata la resistenza reazionaria e nessuno più pretendesse di obbligare con la forza la massa ad ubbidirgli ed a lavorare per lui.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338

   





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