Ed allora il nostro dissenso non sarebbe più che una questione di parole. Dittatura del proletariato significherebbe dittatura di tutti, vale a dire non sarebbe più dittatura, come governo di tutti non è più governo, nel senso autoritario, storico, pratico della parola.
Ma i partigiani veri della “dittatura del proletariato” non la intendono così, e ce lo fanno ben vedere in Russia. Il proletariato naturalmente c’entra come c’entra il popolo nei regimi democratici, cioè semplicemente per nascondere l’essenza reale della cosa. In realtà si tratta della dittatura di un partito, o piuttosto dei capi di un partito; ed è dittatura vera e propria, coi suoi decreti, colle sue sanzioni penali, coi suoi agenti esecutivi e soprattutto colla sua forza armata, che serve oggi anche a difendere la rivoluzione dai suoi nemici esterni, ma che servirà domani per imporre ai lavoratori la volontà dei dittatori, arrestare la rivoluzione, consolidare i nuovi interessi che si vanno costituendo e difendere contro la massa una nuova classe privilegiata.
Anche il generale Bonaparte servì a difendere la rivoluzione francese contro la reazione europea, ma nel difenderla la strozzò. Lenin, Trotski e compagni sono di sicuro dei rivoluzionari sinceri, così come essi intendono la rivoluzione, e non tradiranno; ma essi preparano i quadri governativi che serviranno a quelli che verranno dopo per profittare della rivoluzione ed ucciderla. Essi saranno le prime vittime del loro metodo, e con loro, io temo, cadrà la rivoluzione.
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