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      So bene – se non lo sapessi da lungo tempo lo avrei appreso recentemente – che salvo individui e gruppi che mordono il freno della disciplina dei partiti autoritari e vi restano colla speranza che i loro capi un qualche giorno si decideranno ad ordinare l’azione generale noi, gli anarchici, siamo i soli a volere la rivoluzione davvero, ed a volerla il più presto possibile. Ma so anche che le circostanze sono spesso più forti della volontà degli individui e che una volta o l’altra, se i nostri cugini dei vari lati non vorranno morire ignominiosamente come partiti e fare omaggio alla monarchia di tutte le loro idee e di tutte le loro tradizioni, di tutti i loro sentimenti migliori, dovranno decidersi a rischiare la lotta finale. Oggi potrebbero anche esservi spinti dalla necessità di difendere la loro libertà, i loro beni, la loro vita.
      Noi dovremmo quindi essere sempre disposti a secondare chi vuole agire, anche se questo implica il rischio di essere poi lasciati soli e traditi.
      Ma nel dare agli altri il nostro concorso, o meglio nel cercare sempre di utilizzare le forze degli altri e profittare di tutte le possibilità di azione, noi dobbiamo restare sempre noi stessi, e metterci in grado di far sentire la nostra influenza e contare almeno in proporzione delle nostre forze reali.
      E per questo importa intendersi, collegarsi, organizzarsi nel modo più efficace possibile.
      Altri, per fini che non vogliamo qualificare, continui pure a svisare e calunniare i nostri scopi. Tutti i compagni che vogliono fare davvero, giudicheranno che cosa convenga loro di fare.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338