Occupiamoci della questione più importante, che è poi la sola cosa seria messa innanzi, in quest’argomento, dai miei critici: la difesa della rivoluzione.
Vi sono ancora molti che sono affascinati dall’idea del “terrore”. Ad essi sembra che ghigliottina, fucilazioni, massacri, deportazioni, galera (“forca e galera” mi diceva recentemente un comunista dei più noti) siano armi potenti ed indispensabili della rivoluzione, e trovano che se tante rivoluzioni sono state sconfitte e non han dato il risultato che se ne aspettava è stato a causa della bontà, della “debolezza” dei rivoluzionari, che non hanno perseguitato, represso, ammazzato abbastanza.
È un pregiudizio corrente in certi ambienti rivoluzionari, che ha origine dalla rettorica e dalle falsificazioni storiche degli apologisti della Grande Rivoluzione francese e che è stato rinvigorito in questi ultimi anni dalla propaganda dei bolscevichi. Ma la verità è proprio l’opposto; il terrore è sempre stato strumento di tirannia. In Francia servì alla bieca tirannia di Robespierre e spianò la via a Napoleone ed alla susseguente reazione. In Russia han perseguitato ed ucciso anarchici e socialisti, han massacrato operai e contadini ribelli, ed han stroncato insomma lo slancio di una rivoluzione che poteva davvero aprire alla civiltà un’era novella.
Coloro che credono nella efficacia rivoluzionaria, liberatrice della repressione e della ferocia hanno la stessa mentalità arretrata dei giuristi i quali credono che si possa evitare il delitto e moralizzare il mondo per mezzo di pene severe.
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