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      Essi cercavano anzitutto d’infiammare gli animi colla concezione di quello stato di perfezione individuale e sociale che altri chiama utopia e noi chiamiamo ideale, e compivano opera buona e necessaria, perchè stabilivano la mèta verso la quale debbono tendere i nostri sforzi; ma erano (eravamo) deficienti e presso che incuranti nella ricerca delle vie e dei mezzi che a quella mèta possono condurci. Ci occupammo molto della necessità di distruggere radicalmente le cattive istituzioni sociali, ma non prestammo sufficiente attenzione a quello che bisognava fare, o lasciar fare, di positivo, nell’atto e nell’immediato indomani della distruzione perchè la vita degl’individui e della società potesse continuare nel miglior modo possibile, pensando, o agendo come se pensassimo, che le cose si sarebbero accomodate da loro stesse, per legge naturale, senza il cosciente intervento della volontà per indirizzare gli sforzi verso lo scopo prefisso. Ed a questo si deve probabilmente l’insuccesso relativo dell’opera nostra.
      È tempo oramai di guardare il problema della trasformazione sociale in tutta la sua vasta complessità e cercare di approfondire il lato pratico della questione. La rivoluzione potrebbe avvenire domani, e noi dobbiamo metterci in grado di agire nel suo seno colla più grande efficacia possibile.
      Poichè in questo transitorio momento la trionfante reazione c’impedisce di fare molto per allargare la propaganda in mezzo alle masse, utilizziamo il tempo per approfondire e chiarificare le nostre idee sul da farsi, intanto che cerchiamo di affrettare coi voti e coll’opera il momento di agire e di attuare.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338