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      Nostro compito dopo aver concorso ad abbattere il regime attuale è quello di impedire, o cercare d’impedire, che si costituisca un nuovo governo; o non riuscendovi, lottare almeno perchè il nuovo governo non sia unico, non accentri nelle sue mani tutto il potere sociale, resti debole e vacillante, non riesca a disporre di sufficiente forza militare e finanziaria, e sia riconosciuto ed ubbidito il meno possibile. In tutti i casi, noi anarchici non dobbiamo mai parteciparvi, mai riconoscerlo e restare in lotta contro di esso come siamo in lotta contro il governo attuale.
      Noi dobbiamo restare in mezzo alle masse, spingerle all’azione diretta, alla presa di possesso degli strumenti di produzione ed all’organizzazione del lavoro e della distribuzione dei prodotti, all’occupazione degli ambienti abitabili, all’esecuzione dei servizi pubblici senza aspettare deliberazioni od ordini di autorità superiori – e a quest’opera noi dobbiamo concorrere con tutte le nostre forze, e per questo cercare fin da ora di acquistare quante più cognizioni c’è possibile.
      Ma se dobbiamo essere intransigenti nell’opposizione contro tutti gli organi di compressione e di repressione contro tutto ciò che tende ad ostacolare colla forza la volontà popolare e la libertà delle minoranze, noi dobbiamo ben guardarci dal distruggere quelle cose e disorganizzare quei servizi utili, che non possiamo sostituire in modo migliore.
      Noi dobbiamo ricordarci che la violenza, necessaria purtroppo per resistere alla violenza, non serve per edificare niente di buono: che essa è la nemica naturale della libertà, la genitrice della tirannia e che perciò deve essere contenuta nei limiti della più stretta necessità.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338