Ma una tale speranza ed un tale volere non sono concepibili negli anarchici, i quali non vogliono nulla imporre salvo il rispetto della libertà e contano per la realizzazione dei loro ideali sulla persuasione e sui vantaggi sperimentati della libera cooperazione.
Ciò non significa che io creda (come a scopo polemico mi ha fatto dire un giornale riformista poco informato o poco scrupoloso) che per fare l’anarchia bisogna aspettare che tutti siano anarchici. Io credo al contrario – e perciò sono rivoluzionario – che nelle condizioni attuali solo una piccola minoranza favorita da circostanze speciali possa arrivare a concepire l’anarchia, e che sarebbe una chimera lo sperare nella conversione generale se prima non si cambia l’ambiente, nel quale prosperano l’autorità ed il privilegio. Ed appunto per questo credo che bisogna, appena è possibile, cioè appena si sia conquistata la libertà sufficiente e vi sia in un dato luogo un nucleo di anarchici abbastanza forte per numero e capacità da bastare a sè stesso ed irradiare intorno a sè la propria influenza, bisogna, dico, organizzarsi per applicare l’anarchia o quel tanto di anarchia che diventa mano a mano possibile.
Poichè non si può convertire la gente tutta in una volta e non si può isolarsi per necessità di vita e per l’interesse della propaganda bisogna cercare il modo di realizzare quanto più di anarchia è possibile in mezzo a gente che non è anarchica o lo è in gradi diversi.
Il problema dunque non è se bisogna o no procedere gradualmente, ma quello di cercare quale è la via che più rapidamente e più sinceramente conduce all’attuazione dei nostri ideali.
| |
|