Qui entra veramente in campo il gradualismo.
Bisogna studiare tutti i problemi pratici della vita: produzione, scambio, mezzi di comunicazione, relazioni fra gli aggruppamenti anarchici e quelli che vivono sotto un’autorità, tra collettività comunistiche e quelli che vivono in regime individualistico, rapporti tra città e campagna, utilizzazione a vantaggio di tutti delle forze naturali e delle materie prime, distribuzione delle industrie e delle colture secondo le condizioni naturali dei vari paesi, istruzione pubblica, cura dei fanciulli e degl’impotenti, servizi igienici e medici, difesa contro i delinquenti comuni e quelli più pericolosi, che tentassero ancora di sopprimere la libertà degli altri a vantaggio di individui o di partiti, ecc, ecc. E d’ogni problema preferire quelle soluzioni che non solo sono economicamente più convenienti, ma che rispondono meglio al bisogno di giustizia e di libertà e lasciano più aperta la via ai futuri miglioramenti, Nel caso, anteporre la giustizia, la libertà, la solidarietà ai vantaggi economici.
Non bisogna proporsi di tutto distruggere credendo che poi le cose si aggiusteranno da loro. La civiltà attuale è frutto di una evoluzione millenaria ed ha risolto in qualche modo il problema della convivenza di milioni e milioni di uomini, spesso affollati sopra territori ristretti, e quello della soddisfazione di bisogni sempre crescenti e sempre più complicati. I suoi benefici sono diminuiti – e per la gran massa quasi annullati – dal fatto che l’evoluzione si è compiuta sotto la pressione dell’autorità e nell’interesse dei dominatori; ma se si toglie l’autorità ed il privilegio, restano sempre i vantaggi acquisiti, i trionfi dell’uomo sulle forze avverse della natura l’esperienza accumulata dalle generazioni estinte, le abitudini di socievolezza contratte nella lunga convivenza e negli esperimentati benefici del mutuo appoggio – e sarebbe stolto, e del resto impossibile, rinunziare a tutto questo.
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