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      Nati e cresciuti in una società in cui ognuno è costretto a comandare o essere comandato, influenzati da una tradizione millenaria d’oppressione e di servitù, non avendo altro mezzo per emanciparsi che quello di ricorrere alla violenza, per abbattere la violenza che ci opprime, è difficile pensare e sentire da anarchici, è difficile soprattutto concepire e rispettare il limite che separa la violenza che è giusta e necessaria difesa dei propri diritti, dalla violenza che è violazione di diritti altrui. E perciò v’è sempre chi ricade nell’autoritarismo e per arrivare all’anarchia vuole agire come agiscono i governi, vuole insomma essere governo.
      Naturalmente le intenzioni sono sempre buone; siamo anarchici sì, essi dicono, ma siccome le masse sono tanto arretrate bisogna spingerle avanti colla forza. Qualche cosa come insegnare ad uno a camminare legandogli le gambe!
      Io non voglio qui dilungarmi su questo errore di voler educare la gente alla libertà, all’iniziativa ed alla fiducia in se stessa per mezzo della coercizione. Nè voglio insistere sul fatto che chi sta al governo ci vuol restare, sia pure col sincero proposito di fare il bene, e quindi prima di tutto pensa a costituire un partito o una classe di cointeressati ed una forza armata fedele e disciplinata per tenere a freno i ricalcitranti; cose che accadrebbero ai governanti “anarchici” come agli altri, sia perchè sono una necessità della situazione, sia perchè noi anarchici non siamo poi di tanto migliori della comune umanità. Questo menerebbe a ripetere tutte le ragioni che l’anarchismo oppone all’autoritarismo, ragioni che quei compagni, i quali, a quanto mi si dice non sono dei novellini, debbono conoscere al pari di me.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338