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      Ma se non riconosciamo il governo bisogna pure che troviamo un modo di vivere per liberi accordi, senza governo, nonchè un modo per mantenere le necessarie relazioni economiche colle masse che ad un governo stanno sottoposte.
      Noi abbiamo sempre reclamata la libertà di propaganda e di esperimentazione. Che cosa esperimenteremmo se non avessimo qualche idea concreta da mettere in pratica? Noi fidiamo per la propagazione delle nostre idee, in periodo insurrezionale e post-insurrezionale, sulla efficacia dell’esempio, ma quali esempi potremmo dare se non sapessimo che cosa fare? Se non riusciamo a vivere meglio degli altri, come potremmo sperare che le masse accettassero i metodi nostri? Se un governo intelligente, conoscendo la nostra incompetenza, la nostra impreparazione, ci facesse il tiro birbone di lasciarci per un momento la libertà che noi reclamiamo, che figura faremmo se non sapessimo come organizzare una vita sociale rispondente ai nostri ideali?
      La nostra missione di anarchici, secondo alcuni, sarebbe solo quella di distruggere. Ma mentre distruggiamo dobbiamo pur vivere, cioè consumare; vorremo noi che gli altri lavorassero e producessero per provvedere ai nostri bisogni, mentre noi ci dedichiamo all’opera geniale del distruggere?
      E poi, distruggere che cosa? Una volta distrutta la forza brutale che ci opprime, non si distrugge più se non quello che si sostituisce con qualche cosa di meglio.
      Io non credo negli schemi logici, direi quasi nelle fantasticherie storico-filosofiche di Vico e di Ferrari, le quali del resto non si applicano realmente che alle forme più appariscenti, ma meno sostanziali della vita sociale.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338

   





Vico Ferrari